Il ricorso dell’ Avv. Antonello Tintinaglia viene accolto dal Giudice di pace di Milano. In sintesi il fatto: a seguito di incidente stradale gli agenti, giunti “successivamente” sul posto, sanzionavano il conducente da loro ritenuto “colpevole” di omessa precedenza; il Prefetto rigettava il ricorso ritenendo in sostanza che “la parola degli agenti” faceva fede sino a prova di falso. Motivazione ritenuta dal Giudice inapplicabile per il fatto che gli agenti non erano presenti e pertanto ….. leggere la sentenza allegata.
SINISTRI STRADALI: LA VALENZA PROBATORIA DEI VERBALI DI POLIZIA
In materia di responsabilità per sinistri derivanti da circolazione di veicoli, uno degli argomenti di maggiore attualità è quello della valenza probatoria che può legittimamente assumere il verbale redatto dagli agenti di polizia stradale (o polizia locale), eventualmente intervenuti sul luogo dell’incidente. Tale documento, infatti, risulta il più delle volte l’unico mezzo disponibile per la ricostruzione della dinamica dei fatti e, quindi, per l’accertamento delle responsabilità dei soggetti coinvolti.
A riguardo, viene in evidenza una recentissima sentenza del Giudice di Pace di Milano, la n° 15193 del 22.12.2015, la quale, seguendo un filone consolidatosi via via nel tempo, ha stabilito dei precisi limiti all’efficacia probante della relazione stilata dagli agenti di polizia.
Il Giudice di Pace ha, in primo luogo, affermato che – come tutti gli atti redatti da pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni – il verbale relativo al sopralluogo eseguito dai vigili urbani, o dagli agenti di polizia stradale, ha indubbiamente natura di atto pubblico, con tutte le conseguenze in tema di efficacia probante stabilite dall’art. 2700 c.c.: esso cioè fa piena fede fino a querela di falso per i fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti alla sua presenza o in
relazione al contenuto di dichiarazioni che siano state rese alla presenza del pubblico ufficiale medesimo.
Ma proprio partendo da questa definizione, la sentenza circoscrive rigorosamente il concetto di “fatto avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale redigente l’atto pubblico”,precisando che deve trattarsi di accadimento di cui quest’ultimo abbia avuto scienza e conoscenza diretta. Non può pertanto assimilarsi a tale nozione la dinamica di un sinistro stradale cui, salvo fortuite eccezioni, l’agente verbalizzante non assiste mai di persona, ma che invece cerca quasi sempre di ricostruire durante il sopralluogo compiuto a seguito della richiesta d’intervento pervenutagli nell’immediatezza del fatto. Sotto questo aspetto, la pronuncia in esame conclude – richiamandosi ad autorevoli precedenti – che la ricostruzione della dinamica di un sinistro e la conseguente valutazione in ordine ad eventuali responsabilità per la sua produzione, comporti di per sé un inevitabile margine di apprezzamento da parte del verbalizzante circa fatti ai quali, per l’appunto, egli non ha direttamente assistito; con la conseguenza che ad essa non può riconoscersi fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., pur potendo essere, naturalmente, liberamente apprezzata dal giudice ai fini della formazione del proprio convincimento, unitamente agli altri elementi di prova che egli abbia acquisito.
Il ragionamento svolto dal Giudice di Pace trova un primo, rilevante precedente in una pronuncia del Tribunale di Milano (Sent. 20 maggio 1995), nella quale il Collegio giudicante si era già espresso nello stesso senso.
Con il risultato che, limitatamente alle infrazioni al Codice della Strada, per il loro accertamento può non essere sufficiente la mera ricostruzione a posteriori della condotta di guida tenuta dal presunto trasgressore, effettuata dall’agente sopraggiunto in loco a seguito di un incidente.
Tuttavia, se l’orientamento espresso poc’anzi può tornare utile come mezzo per ottenere l’annullamento di sanzioni amministrative irrogate per violazione delle norme sulla circolazione di veicoli (ed è proprio questo il caso della pronuncia del G.d.P. di cui si discute, emessa a seguito della proposizione di un ricorso per l’annullamento di sanzione amministrativa), è altrettanto vero che esso non necessariamente può risultare decisivo ai fini dell’esito favorevole di una controversia in materia di responsabilità civile per danni da sinistri stradali. Per tale genere di vertenze, deve sempre ricordarsi che il principio generale in materia è quello espresso in via specifica dall’art. 2054 c.c., secondo il quale: 1) il conducente di veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo stesso, a meno che non provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (c’è quindi uno specifico onere positivo posto a carico del onducente, sull’adozione di tutte le cautele necessarie a scongiurare le conseguenze dannose della propria condotta, a prescindere dall’illiceità di quest’ultima sotto l’aspetto amministrativo); 2) nel caso di scontri fra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli (anche questo principio, lo si ripetere, opera a prescindere da qualsivoglia valutazione che possa essere stata compiuta dal giudice investito dell’opposizione alla sanzione, eventualmente proposta da una delle parti in causa, ai sensi degli artt. 22 ss. L. n° 689/81 e 203 C.d.S.). In sostanza, nei giudizi civili instaurati al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di incidenti stradali, le parti dovranno dimostrare di aver adottato ogni cautela per evitare il danno (o ridurne l’entità) e, se il sinistro è consistito in una collisione tra autoveicoli, ciascuna di esse avrà altresì l’onere di provare positivamente, per testimoni o in altra maniera, che la responsabilità sia da ascrivere in via esclusiva all’altra; non basterà perciò a nessuna delle due la mera affermazione della mancanza di prove in ordine a propri comportamenti illeciti.