Per la Suprema Corte, il porto del coltello Kirpan non si giustifica per il credo religioso dei migranti, come invece pretenderebbe un cittadino indiano.
L’imputato, uno dei tenti migranti indiani, chiede l’annullamento della sentenza, insistendo con il fatto che (come il turbante), il porto del coltello costituisce adempimento di un preciso dovere religioso.
Inutile dire che la Suprema Corte non è per niente d’accordo con questo assunto.
Al momento del controllo, sussisteva l’onere dell’imputato di dimostrare il porto del coltello; a nulla può valere (quindi non sussiste una scriminante) l’asserzione per cui tale arma rappresenterebbe un simbolismo religioso.
Dice la Corte: in una società multietnica, sicuramente l’integrazione tra popoli diversi non impone l’abbandono della propria religione, ma questo fatto trova un limite nel rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica del Paese ospitante.
I migranti sono avvisati!